Il comune di Cornuda, quando ero bambino, aveva una sede distaccata delle scuole elementari in via Sant'Anna lungo la strada che porta a Crocetta del Montello, presso la casa ora di proprietà del signor Roberto Fornasier.
All'interno di due aule l' insegnamento era “distribuito” da due maestre a cinque classi miste.
Talvolta, mi ritornano in mente le parole della maestra Natalia Serena quando qualche alunno combinava qualche guaio: ”mi rimpugno toccarti”.
Mai ha alzato le mani sui ragazzi all'interno della scuola, non era così con le altre insegnanti che ho avuto.
Oltre a svolgere i compiti per casa trovavamo il tempo per giocare e divertirci, andando ad esplorare i luoghi fino ad allora a noi sconosciuti.
Cominciammo così a frequentare la valle di San Lorenzo, il Fagarè e col tempo le colline di Cornuda e dei paesi limitrofi.
Era consuetudine di molti cornudesi ed abitanti dei comuni vicini trascorrere il giorno di Pasquetta, in allegria con famiglia ed amici, sui versanti del colle della Rocca dopo il pellegrinaggio al santuario dedicato alla Madonna.
Nell'anno 1965 frequentavo la prima media presso la nuova struttura in centro a Cornuda.
Il tre di aprile di quell'anno, giorno di Pasquetta, mi trovavo sulla balaustra a bordo del piazzale sopra il colle per ammirare ad occhio nudo il panorama circostante.
Al mio fianco c'erano due ragazzi vestiti da scout, che con un cannocchiale scrutavano il paesaggio.
La voglia di sbirciare dentro quello strumento era grande e, intuita la mia timidezza nel chiedere, furono loro a proporsi e ciò che vidi fu una grande emozione per me: potevo contare i fili d' erba alla distanza di un chilometro.
Mi prese la voglia di salire sul monte al quale avevo rivolto lo sguardo, il Sùlder.
Quell'impresa non era da poco per un ragazzo della mia età e per di più da solo.
Studiai il percorso più breve per salirci, non conoscevo allora la ragnatela di sentieri che poi scoprirò col tempo.
Dopo tante titubanze scesi dal colle della Rocca e, oltrepassato il Ru Bianco, cominciai ad arrampicarmi.
La salita era ripida, anche i ciuffi d' erba erano dei buoni appigli.
Arrivato alla cima ho incontrato altre persone, la paura che avevo prima della partenza pian piano lasciava il posto alla gioia, ero contento, avevo raggiunto la mia meta.
Discesi quindi verso casa attraverso un comodo sentiero che poi avrei percorso migliaia di volte.
Fu l'inizio di una passione che mi ha spinto a perlustrare, nelle varie stagioni, tutti o quasi i sentieri dei colli Asolani per vedere il mutare della natura e capire, senza tante presunzioni, tutto quello che il territorio mi poteva ancora rilevare in fatto di storia e conoscenze in genere.
A distanza di cinquant'anni l'affezione per quei luoghi è ancora viva e mi ha permesso, col tempo, di fare tante piccole scoperte, forse insignificanti per qualcuno, ma non per me.
Negli ultimi anni sono sempre di più le persone che amano trascorrere alcune ore attraverso la vasta rete di sentieri dei colli Asolani, oasi stupenda e perla dell'alto trevigiano.
Virginio Corso
All'interno di due aule l' insegnamento era “distribuito” da due maestre a cinque classi miste.
Talvolta, mi ritornano in mente le parole della maestra Natalia Serena quando qualche alunno combinava qualche guaio: ”mi rimpugno toccarti”.
Mai ha alzato le mani sui ragazzi all'interno della scuola, non era così con le altre insegnanti che ho avuto.
Oltre a svolgere i compiti per casa trovavamo il tempo per giocare e divertirci, andando ad esplorare i luoghi fino ad allora a noi sconosciuti.
Cominciammo così a frequentare la valle di San Lorenzo, il Fagarè e col tempo le colline di Cornuda e dei paesi limitrofi.
Era consuetudine di molti cornudesi ed abitanti dei comuni vicini trascorrere il giorno di Pasquetta, in allegria con famiglia ed amici, sui versanti del colle della Rocca dopo il pellegrinaggio al santuario dedicato alla Madonna.
Nell'anno 1965 frequentavo la prima media presso la nuova struttura in centro a Cornuda.
Il tre di aprile di quell'anno, giorno di Pasquetta, mi trovavo sulla balaustra a bordo del piazzale sopra il colle per ammirare ad occhio nudo il panorama circostante.
Al mio fianco c'erano due ragazzi vestiti da scout, che con un cannocchiale scrutavano il paesaggio.
La voglia di sbirciare dentro quello strumento era grande e, intuita la mia timidezza nel chiedere, furono loro a proporsi e ciò che vidi fu una grande emozione per me: potevo contare i fili d' erba alla distanza di un chilometro.
Mi prese la voglia di salire sul monte al quale avevo rivolto lo sguardo, il Sùlder.
Quell'impresa non era da poco per un ragazzo della mia età e per di più da solo.
Studiai il percorso più breve per salirci, non conoscevo allora la ragnatela di sentieri che poi scoprirò col tempo.
Dopo tante titubanze scesi dal colle della Rocca e, oltrepassato il Ru Bianco, cominciai ad arrampicarmi.
La salita era ripida, anche i ciuffi d' erba erano dei buoni appigli.
Arrivato alla cima ho incontrato altre persone, la paura che avevo prima della partenza pian piano lasciava il posto alla gioia, ero contento, avevo raggiunto la mia meta.
Discesi quindi verso casa attraverso un comodo sentiero che poi avrei percorso migliaia di volte.
Fu l'inizio di una passione che mi ha spinto a perlustrare, nelle varie stagioni, tutti o quasi i sentieri dei colli Asolani per vedere il mutare della natura e capire, senza tante presunzioni, tutto quello che il territorio mi poteva ancora rilevare in fatto di storia e conoscenze in genere.
A distanza di cinquant'anni l'affezione per quei luoghi è ancora viva e mi ha permesso, col tempo, di fare tante piccole scoperte, forse insignificanti per qualcuno, ma non per me.
Negli ultimi anni sono sempre di più le persone che amano trascorrere alcune ore attraverso la vasta rete di sentieri dei colli Asolani, oasi stupenda e perla dell'alto trevigiano.
Virginio Corso